Lo sportello d'ascolto...parla

 

 

 

 

Sono la professoressa Santinami, referente dello Sportello d’ascolto dell’Istituto Comprensivo via Nitti.

Ho deciso, da oggi, di iniziare una “corrispondenza” con tutti i lettori: con voi genitori, con voi alunni ed alunne, con voi insegnanti, con voi….

Desidero condividere alcune semplici riflessioni scaturite dai colloqui con ragazzi ed adulti che mi hanno espresso il loro dis-agio.

Mi piacerebbe avere dei feedback da quei genitori che vorranno seguire queste linee guida, declinandole nella unicità e specificità del proprio ruolo, del proprio stile comunicativo, del proprio carattere e personalità.

Eventuali comunicazioni (o richiesta di appuntamenti) potranno essere inviate alla seguente email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.


 

n.1

La mia prima “lettera” a tutti voi scaturisce dal colloquio avuto con un ragazzo che aveva bisogno di parlare del suo dispiacere, tristezza, delusione nati da un grande desiderio, frustrato, nel suo cuore: trascorrere più tempo con il papà!Aveva le spalle curve, gli occhi umidi di pianto; occhi che si illuminavano quando raccontava di momenti passati trascorsi con il genitore. Abbiamo parlato e, da questo confronto, è nata la decisione di scrivere una lettera al padre (di cui abbiamo tanti esempi anche nella letteratura!). Una lettera nella quale esprimeva con chiarezza, decisione e tanta tenerezza la sua richiesta. Una lettera che lui ha copiato e “consegnato” al padre mettendola sotto il cuscino!

 

Non conosco l’effetto sortito da questa strategia, ma dentro di me ho sentito l’urgenza di invitare tutti i genitori a trascorrere più tempo con i propri figli.

Sicuramente il tempo è più “prezioso” dell’oro e, come questo metallo, bisogna scavare -nei nostri impegni, nelle nostre giornate frenetiche, nelle nostre scale di valori- duramente per poterne trovare a sufficienza. Eppure, proprio questo, è importante imparare a fare: saper donare ai nostri figli un tempo sicuro, un tempo su cui poter contare, un tempo “nostro”, un tempo che diventi appuntamento rispettato, un tempo che faccia emergere un genitore affidabile, solido, presente, attento, in ascolto.

Quest’ultimo è un aspetto fondamentale, perché questo tempo non dovrebbe servire al genitore per parlare -dare consigli, sgridare, recriminare, pontificare, proclamare, condannare…tutte azioni valide e rispettabili, tutte azioni “educative” che possiamo esprimere in altri momenti, in altre occasioni, in altri tempi-, ma per ascoltare, empatizzare e sintonizzarsi -e naturalmente rispondere, scambiare opinioni, confrontarsi- con il proprio, amato, insostituibile “preadolescente” di casa.

Non è importante l’argomento di cui si parlerà, ma piuttosto il clima emotivo che si riuscirà ad instaurare nella relazione, il genitore dovrà esprimere il piacere, la curiosità di stare con il proprio figlio/a. Ricordo che le emozioni si trasmettono attraverso la comunicazione non verbale, quindi siate autentici -innanzitutto con voi stessi- riguardo la gioia che sperimentate nel trascorrere quei momenti insieme. Se talvolta imbarazzo e stanchezza si facessero sentire, parlatene con sincerità al vostro “pargolo” e lui sicuramente capirà ed apprezzerà la vostra onestà.

Potete proporre una passeggiata -anche in silenzio, ma sentendo dentro il piacere di camminare accanto al proprio figlio e attendendo eventuali parole che non sarebbero state espresse nel caos e nella fretta del quotidiano-; una pizza anche solo tre volte l’anno, ma meglio se solo in due: padre-figlio/a, madre-figlio/a; un’attività a vostra scelta nella quale potersi guardare negli occhi, in un ambiente sufficientemente silenzioso.

 

 

 

n.2

La ragazza ha i capelli lisci e biondi, gli occhi chiari; si siede e con parole lente espone il suo timore: “Ho paura di deludere i miei genitori, di non riuscire a renderli orgogliosi di me”. 
Oggi desidero invitare tutti i miei lettori a riflettere sul profondo e potentissimo bisogno dei figli di rendere “felici” i propri genitori.
L’immagine dei/delle ragazzi/e che emerge dai nostri social è quella di individui duri, sprezzanti, superficiali, egoisti, talvolta bulli! E’ vero che esiste questa tipologia di giovani, ma vorrei ricordare che sono una minoranza! La falsa percezione nasce dal fatto che vengono messi in “prima pagina”, sugli “altari” di talk show o impegnano disamine complicate di esperti. E’ giusto interrogarsi sul “perché” avvengono questi eccessi e “cosa fare” per migliorare la situazione, ma oggi non è di loro che mi voglio occupare.
La mia esperienza (di insegnante di scuola superiore di primo grado) è che, per esempio, in una classe di venticinque alunni/e, solo due o tre potranno essere quelli superficiali o contrappositivi o provocatori. 
Oggi non vorrei parlare di questo esiguo numero di “problematici”, di cui giustamente si parla abbastanza, ma vorrei puntare i riflettori su “gli altri”, gli altri ventidue/ventitré ragazzi/e di ogni classe. Che sono felici quando riescono ad incidere positivamente sulle emozioni dei genitori, che quando il padre o la madre dicono loro: ”Bravo/a!”, fanno l’esperienza di un senso di ben-essere.
Più i/le ragazzi/e crescono, più entrano nell’adolescenza piena, e meno mostreranno con chiarezza, espliciteranno, la soddisfazione per aver “fatto felice” il proprio genitore, ma questo non significa che loro non facciano l’esperienza profonda del piacere di poter “regalare” gioia, sorrisi, serenità ai genitori.
Tutti noi esseri umani desideriamo riuscire ad incidere sulla vita delle persone che ci vivono accanto (e con i social anche quelle che sono lontane fisicamente). Infatti si potrebbe dire, portando all’estremo questo bisogno e semplificando molto: “Io esisto se posso provocare delle emozioni nell’altro”. 
Gli adolescenti sono “provocatori” proprio per questo! Anche se le reazioni sono negative, anche se mettono i genitori alla prova, anche se cercano lo scontro (che, ricordiamo, è sempre un tipo di incontro!), lo fanno perché così possono incidere e decidere (quindi ”controllare”) lo stato d’animo del genitore.
Per questa ragione è importante dare un feedback ai ragazzi, esprimere chiaramente che il loro comportamento (scolastico, sociale, familiare, amicale) ci rende contenti e orgogliosi di loro.
E’ più facile, e viene fatto più di frequente, esprimere il rimprovero, esplicitare quello che “non va bene”, l’errore, l’insuccesso. Questo comportamento ha la sua valenza positiva perché può aiutare a capire cosa cambiare, quale aspetto modificare, ma non deve essere l’unico da adottare!
Infatti esplicitare ciò che “va bene”, i punti di forza, il successo ha una valenza motivante perché  è piacevole sentirsi dire una frase  come la seguente: 
“Quando tu…(prendi un bel voto, mi aiuti ad apparecchiare/sparecchiare, ecc.) io sono contento, mi metti di buon umore, mi sento come se mi avessi fatto un regalo…(è sempre bene poter usare una metafora significativa)”.
Forse sarebbe meglio “dimenticare” una critica, un rimprovero, ma cercare sempre di “ricordare” all’altro che il suo comportamento, anche se sporadico, è stato positivo e che ha procurato soddisfazione.
Quando puntiamo i riflettori SOLTANTO sul negativo, provochiamo nell’altro un senso di frustrazione, di “incapacità”, di non essere “mai” all’altezza delle aspettative o di una virtuale asticella che viene sempre alzata e quindi diventa irraggiungibile. Per cui esprimere solo le esortazioni a fare meglio, a fare di più (fatte con le migliori intenzioni) può generare non tanto il desiderio di impegnarsi, quanto il dolore (che spesso si mette la maschera della rabbia) di non riuscire a raggiungere l’approvazione e di vedere la soddisfazione negli occhi del genitore.
Non dovrebbe accadere che i/le ragazzi/e dicano le parole pronunciate, alla fine dell’incontro, dalla ragazza di cui ho parlato all’inizio: “I miei genitori mi stimano, ma non lo dicono!”. Questa frase è stata espressa per consolarsi, per trovare un senso alla “mancanza” di parole non pronunciate, parole positive di cui sentiva il bisogno per avere una migliore immagine di se stessa e quindi una migliore autostima.
Concludo invitando tutti a riflettere sull’importanza di esprimere, senza enfatizzare troppo e senza usare parole esagerate, apprezzamento in modo chiaro, moderato, puntuale, dignitoso sia dei genitori verso i figli che dei figli verso i genitori!

 

 

n.3

Cari genitori,

desidero invitarvi agli incontri per i genitori degli alunni della Scuola Secondaria di Primo grado, che si svolgeranno presso la sede di via Nitti.

La nostra scuola ha vinto un Bando per poter accedere ai Fondi Strutturali Europei (PON) al fine di finanziare Progetti di inclusione sociale, lotta al disagio, riduzione del fallimento formativo e interventi di sostegno agli studenti e alle loro famiglie per migliorare il benessere a scuola.

Di seguito troverete gli obiettivi specificati nel Bando stesso.

F. ADOLESCENZA e PRE-ADOLESCENZA “Educare il genitore alle sicurezze dei figli”

1. Formazione e confronto con i genitori come processo volto a saper gestire alcune dinamiche comportamentali dei ragazzi in fase pre-adolescente e adolescente;

2. chiave di lettura delle possibili reazioni: il conflitto verbale con il genitore;

3. confronto con il genitore sulla costruzione della personalità dei figli, l’immagine di sé e lo sviluppo fisico;

4. il sostegno delle competenze genitoriali rendendo consapevoli i genitori delle strategie educative per affrontare le normali fasi di cambiamento e di crisi dei figli.

Obiettivi

 1. dare uno spunto di riflessione al genitore per trasmettere sicurezza personale, sociale;

 2. ascoltare i genitori attraverso lo sportello individuale e i focus group a tema in cui un gruppo di persone è invitato a parlare, discutere e confrontarsi riguardo all'atteggiamento personale nei confronti del tema oggetto dell’incontro;

 3. sviluppare nei genitori un’attenzione particolare alla tematica oggetto del Progetto; 4. costruire un luogo privilegiato di comunicazione tra adulti. 

Le azioni che concretizzano il progetto

- ascolto e sostegno

- indicazioni e informazioni concrete

- riflessione

- condivisione di esperienze

- creazione di uno spazio dove portare dubbi e incertezze

- accompagnamento alla ricerca di soluzioni relativamente a compiti e ruoli di tipo educativo.

 

Gli incontri ai quali sono chiamati a partecipare i genitori si svolgeranno in piccoli gruppi, circa dieci partecipanti, che si incontreranno secondo il calendario indicato di seguito, sempre dalle ore 17alle 18,30.

Gruppo Uno: 14 novembre – 21 novembre – 19 dicembre

Gruppo Due: 15 novembre – 22 novembre – 6 dicembre

Gruppo Tre: 26 novembre – 3 dicembre – 17 dicembre

E’ un’occasione importante per incontrarsi, confrontarsi, condividere tra genitori e con gli esperti la propria esperienza di Genitore.

Questa iniziativa verrà presentata il 7 novembre alle ore 18,30 presso l’Aula Magna di via Nitti. In quella sede potrete fare domande e chiedere ogni tipo di informazione utile.

Vi aspetto numerosi!

 

 

n.4

M. è venuta allo Sportello d’ascolto con un grandissimo disagio. Afferma di “avere una freccia nel braccio che non potrà più uscire”, perché si trova a dover “scegliere” tra il padre e la madre, che sono separati. L’uno le dice che la madre “sarà la tua rovina” e l’altra che il padre “la usa”. M. piange disperatamente, è disorientata, confusa e afferma di non voler essere “un premio da vincere”. Dopo questo colloquio ho sentito il desidero invitare tutti i genitori, separati e non, di agire in modo tale da non mettere MAI i propri figli di fronte alla necessità di scegliere uno dei genitori e che scegliere di dare ragione ad uno venga giudicato un tradimento dall’altro. La COPPIA genitoriale è una realtà interna di tutti noi, abbiamo impressi indelebilmente i modi di fare, le opinioni, i permessi, i divieti e le reazioni emotive dei nostri genitori. Agire, tra madre e padre, squalificando l’altro, non serve ad indebolire l’ex-coniuge, ma ad indebolire e confondere i propri figli! Non serve a sentirsi più forti, ma a tradire il compito educativo di ogni genitore. Compito educativo che consiste nel creare le migliori condizioni emotive, perché i figli si sentano al sicuro e possano sviluppare le proprie potenzialità. Questo comportamento dei genitori avrà come conseguenza quella di creare una frattura, una scissione interiore che provocherà confusione, disorientamento e ansia diffusa nel proprio figlio e nella propria figlia. Questo comportamento significa far sentire “sbagliato” il ragazzo, infatti qualsiasi scelta faccia sarà quella sbagliata, perché uno dei genitori sarà sempre e comunque “scontentato”, e si sentirà rifiutato. Questo comportamento significa mettere i figli in una condizione di “impossibilità emotiva” alla scelta. Impossibilità data dalla conseguenza automatica di sentirsi in colpa e quindi di sentirsi “fallati”. Questo comportamento significa condannarli ad un continuo ed indifferenziato stato di ansia, ad una confusione interiore, ad un senso di negatività ed immobilismo che si possono sclerotizzare nel tempo e diventare una modalità reiterata di rispondere allo stress ed alle sfide della vita. Vorrei concludere invitando a riflettere sulla propria capacità di empatia, di mettersi nei panni dei propri figli e di compiere consapevoli azioni educative. 

 

 

 

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